sabato 13 novembre 2010

Papparappappappappà

Mi duole il pancino, svomitacchio a ritmo regolare dove mi capita (il bello di avere il padre per metà falegname è che la segatura non ti manca in situazioni simili), il dottore mi sta bombando di orride bustine di fermenti lattici, stamani come se non bastasse ho pure scoperto che ho iniziato a bruxare pure dalla parte destra della bocca.
Mia madre mi accusa di avercele tutte, ormai anche l'aiuto-farmacista mi guarda con uno sguardo alla 'ma sei un cerotto ambulante'. E poi dice 'ti fai le diagnosi su google'. Almeno lui non mi giudica.

P.s. Google dice che ho l'AIDS o il colera. O entrambi.

mercoledì 10 novembre 2010

Stamattina mi sono svegliata contenta, e mi sono spaventata.

Fortunatamente, il disturbo è sparito quasi subito.

sabato 30 ottobre 2010

Elogio dell'uomo col gatto in braccio

Per il divino Yves Saint Laurent il vestito più bello che una donna possa indossare sono le braccia dell'uomo che la ama.
Parafrasando liberamente la celebre dichiarazione mi sento di affermare senza ombra di dubbio che l'accessorio migliore per un uomo sia il gatto.
Non c'entra nulla il luogo comune secondo il quale chi ama gli animali è per forza una brava persona sensibile, che tanto non ci crede nessuno.
No, la mia è un'osservazione puramente estetica. Perché il nobile felino, se posizionato nei dintorni di un uomo mediamente attraente, innegabilmente gli regala fascino.

ARGOMENTAZIONI A CONFERMA



Ecco dimostrato come anche il fico più coriaceo trovi il tempo per spupazzarsi il suo micio. Quest'ultimo, con il suo proverbiale fare sornione, lo restituisce all'istante a una dimensione più umana.

Non dimentichiamo anche che un gatto può essere usato per sdrammatizzare sex symbol che altrimenti metterebbero in soggezione. Avete notato come qualsiasi frase che contiene la parola 'gatto' cessa immediatamente di essere seria?
Es. 'Quel paio di pantaloni manco il gatto lo metterebbe.' 'Che novità, ormai lo sa anche il gatto.' 'Se la prof. mi interroga sono del gatto.' 'Quella minestra te la magni te, che manco il gatto la vuole.'
Provate a sostituire 'gatto' con il nome di altri animali e vi renderete conto che l'effetto non è lo stesso.
A livello estetico il simpatico quattrozampe riveste la stessa funzione:



Franco Gasparri, il bello impossibile-inarrivabile-inconcepibile. Avrebbe messo in soggezione la più navigata delle mangiauomini, ma ecco come il solito gatto (che qui ha un'espressione vagamente urtata) prende a picconate la sua gelida immagine di perfezione e ce la restituisce stemperata con una buona dose di comicità. A questo punto, per il povero Franco non c'è giacca con le spalline che tenga.

Uomini, volete far breccia nel cuore della vostra bella incutendole una buona dose di pietà ed istinto materno? Cat is the word. Ammirate come si può apparire patetici ma irresistibilmente romantici quando un gatto non vi si fila:



Quale donna non vi consolerebbe?

Insomma, uomini, qualunque sia il vostro stile o il vostro gusto, non dimenticate mai di abbinare un bel micio al vostro look. Meglio se in tinta con la cravatta.

mercoledì 21 luglio 2010

trallalà

Il gaso che si impossessa di me quando per caso scopro che una persona che fondamentalmente stimo la pensa come me su questo o quell'argomento è pari solo allo sconforto e alla depressione nella quale sprofondo quando vengo a sapere che a qualcuno che schifo/disprezzo/aborro piace qualcosa o qualcuno che piace pure a me.

martedì 13 luglio 2010

Cercasi Marilyn disperatamente (più o meno)

Ho notato che pure il gatto ha una maglia con sopra un'immagine di Marilyn, meno che io. E la cosa mi pare almeno assurda.
Signori, non si scherza con 7 anni minimo di onorata ossessione, di ricerca spasmodica di gadget, libri, foto e di acquisto compulsivo di qualunque oggetto che avesse anche solo a che vedere alla lontana con la Monroe.
Ok, negli anni mi sono fatta un po' meno feticista. Anche perché un giorno ho buttato dieci euro per un astuccio da scuola, e mi ero diplomata da vari mesi, ormai. Cioè, alla fine i soldi potrei anche impiegarli meglio (per esempio, per qualche gadget con Marlon Brando, che praticamente non c'ho niente del genere).
Però, cribbio, la maglia mi ci vuole.

Poiché oggi pomeriggio ero 'in the mood', e soprattutto stavo passando davanti a un negozio che so che ce le ha, mi sono fermata e con piglio deciso ho apostrofato la robusta commessa.
'Bongiorno. Che per caso c'hai una maia co Merili sopra?'
'Aspé che ce guardamo si m'è rimasta che cosa.'

Insomma, m'ha fatto aspettare tipo un quarto d'ora, che ho impiegato dando un'occhiata al resto della merce e facendo un pensierino su un tarpanissimo braccialetto rosso a pois bianchi, di quelli che non metterò mai 'ma però fanno tanto anni '50, quindi so 'na ficata'.
La robusta commessa di cui sopra mi emerge da un cumulo di magliette variegate con una maglia che, con tutta la buona volontà, non mi sarebbe entrata nemmeno nel 1996.
'Ehm... Signò...'
'Che, nun te piace?'
'Non è che nun me piace, anzi, è bellissima, è che penso che non mi entra.'
'Ah, ma qué è elasticizzata'
'Ho capito, signò, ma guardi 'r collo de la maia. E mo guardi il mio, come fa a entrarmi?'

Pur sapendo in cuor suo che ero nel giusto, la signora intendeva confermare le sue doti di affabulatrice.
'Ma guarda che qué te pare piccola, ma quando che l'hai addosso te se allarga'
'No, ma nun penso...'
'Via, provala.'
'Ma che provo? La metto in un braccio, me starà a top, è pure corta'
'Eh, io questa c'ho.'

Esco dal negozio con la tristezza nel cuore. E in attesa di trovare una maglia con sopra Marilyn della misura giusta (e possibilmente nera, e possibilmente con una foto non troppo sputtanata), mi chiudo nel mio dolore.

martedì 6 luglio 2010

Schifus

Io faccio schifo.
Tu fai schifo.
Il caldo fa schifo.
Le zanzare fanno schifo.
La mia migliore amica che non mi si caga di pezzo fa schifo (e io faccio schifo due volte, perché in dieci anni non l'ho capito).
Il commesso che mi guarda come fossi una pezzente perché non me la sento di prendere il cellulare da 340 euro fa schifo.
Stare ancora dietro a uno per cui sì, sei ok, ma troppo immatura per lui fa schifo.
Mia zia che ti fa l'occhiaticcio ogni volta che ti incontra fa schifo.
Avere una palpebra gonfia stile cazzotto di Tysone per colpa di una puntura di zanzare fa schifo.
Il mio migliore amico che una volta era gagliardissimo ma si è lasciato rincoglionire dalla prima che è passata fa schifo.
Non sapere ancora guidare come Cristo comanda dopo sei mesi dal conseguimento della patente fa schifo.
Quelli che te lo fanno pesare fanno schifo.
Doversi svegliare presto ma non riuscire ad addormentarsi fa schifo.

venerdì 29 gennaio 2010

Io della vita non ci ho capito un cazzo.

Perché sono dovuta arrivare a questa età per capire finalmente che c'è una cosa peggiore dello sbattersene di tutto: dare importanza alle cose sbagliate.

Perché sono cresciuta con l'idea pressante che tutto ciò che avevo non era mai sufficiente. E ovviamente mi riferisco a cose materiali. E oggi mi domando: cazzo ci devo fare con tutte le cavolate che ho accumulato?

Invece ho preteso e pretendo sempre pochissimo sul fronte dei sentimenti e delle emozioni. Se parliamo di amicizia e di rapporti sociali in generale, sono ben felice di accontentarmi del minimo sindacale.
Mi basta, semplicemente.

E' una colpa sentirsi appagati da interazioni sociali e rapporti superficiali?

Io dico di sì.

martedì 26 gennaio 2010

Vi prego, datemi qualcosa in cui credere

Qualunque cosa, anche se è immorale o disumana.



Ieri sera The departed ha messo ko tutta la famiglia. La pubblicità della mediaset ci ha lentamente dilaniati tutti, così appena hanno visto i titoli di coda i miei genitori si sono trascinati a letto.
Io invece sono rimasta davanti alla tv, e dopo essermi assicurata almeno un mesetto di notti insonni guardando lo speciale morbosissimo sulla ragazza tenuta prigioniera da un pazzoide per otto anni, ho pensato bene di rivedermi un vecchio concerto dei Noir Désir, scaricato chissà quando, perché ultimamente mi sento molto molto "In the mood". Anzi, direi che mi ci sto chiudendo. Di nuovo.

Arrivata alla canzone di cui sopra, è scattato il piantino liberatorio. Perché sono passati tanti anni, perché mi sento vecchia, perché sento che le cose non mi fanno più l'effetto che mi facevano a 12 anni.
Perché in fondo è vero che non credo più a niente e a nessuno, non è solo un atteggiamento.

Ho pianto anche perché mi sono resa conto di essere stata una stupida ragazzina, in passato. Una di quelle che si prende una cotta per una celebrità, e la idealizza al punto di attribuirle caratteristiche superiori che nessun essere umano può possedere.
Solo che io non avevo scelto Francesto Totti, o uno qualsiasi dei Backstreet Boys, o Leonardo Di Caprio (che all'epoca andava via come il pane).
Avevo scelto Bertrand Cantat, un cantante francese impegnato che in Italia conoscevamo davvero in pochi.
Uno con l'aria da bohemien (la stampa anni dopo scriverà 'bello e dannato'. Ma andate al diavolo), uno fermo e deciso sulla sua scelta di non far parte dei meccanismi disgustosi delle grandi case discografiche, uno che cantava canzoni complicate e quasi sessantottine, che io capivo pochino. E non era solo una questione di lingua.
Uno che era sì fico, ma che aveva talmente tante altre qualità che quasi te ne dimenticavi.

Stop. Perché uno così si permette di tradire l'immagine che noi fan ci siamo fatti di lui? C'era qualcosa che non quadrava, perché il 'mio' Bertrand non avrebbe mai piacchiato una donna, e tanto meno fino ad ammazzarla.
Il 'mio' Bertrand era uno spirito libero, non un borghesuccio geloso, non un fidanzato-padrone.

Lezione da imparare. Le canzoni sono migliori di chi le fa. E io quelle dei Noir Désir le amo sempre.

Forse la verità è che Bertrand non c'entrava nemmeno con il mio pianto di ieri. Forse, semplicemente, sento la mancanza di quegli anni, che comunque restano strettamente legati alla sua voce roca che mi accompagnava allora.
E allora mi pare impossibile. Impossibile che ci sia stato un tempo in cui credevo alle cose così intensamente. Mi pare impossibile che dieci anni fa o giù di lì sono stata una ragazzina così stupida.

Che comunque è sempre meglio di una ventenne che scrive una cazzata melensa del genere sul suo blog.

giovedì 7 gennaio 2010

Il 50 per cento della mia famiglia è votato al suicidio



Mia madre, se potesse, non metterebbe mai la cintura di sicurezza in macchina, perché nella sua mente un frontale mortale è preferibile al fastidio di sentirsi quella roba che ti "lega".

Mio fratello è solito abbandonare in auto, per terra, bricchetti di estathe, bottigliette d'acqua e altri oggetti che, potenzialmente, potrebbero finirgli sotto il pedale del freno.

Ma in fondo, chi sono io per parlare? Io sono quella che ieri, durante la guida, nei pressi di un incrocio, si è ricordata alla perfezione tutto quello che si deve fare quando ci si appresta a svoltare. Si è solo dimenticata di girare.

lunedì 4 gennaio 2010

Andrà tutto bene? Andrà tutto bene 'n par de ciufoli.

No, stavolta non credo che andrà tutto bene.
Solitamente nei momenti "no" mi racconto un mucchio di sciocchezze, che il tempo aggiusterà tutto, che troverò delle soluzioni alternative, che tutto andrà per il meglio.
Non credo proprio.

Non credo proprio che un giorno sarò in grando di guidare con disinvoltura un'automobile.

Non credo che una mattina mi sveglierò e tutti i sensi di colpa si saranno dileguati.

Non credo neanche che sarai tu ad aiutarmi ad allontanarli. Anzi, non ci sarà nessuno a farlo con me.

Non credo che conoscerò più notti di sonno tranquillo, prive di incubi e di risvegli improvvisi.

Probabilmente non smetterò mai di analizzare ogni dannata cosa che faccio, penso o dico. L'ho sempre fatto e sempre lo farò.

Non andrà tutto bene, ma con il culo che mi ritrovo già è tanto che vada.

sabato 2 gennaio 2010

Comunque io è una vita che mi rompo le palle.

Quando ero piccola mi annoiavo sempre. Non ero una bambina infelice, o stramba, o problematica, semplicemente mi rompevo costantemente le palle.
Giocavo coi lego, e dopo un po' mi stufavo e li rimettevo a posto. Giocavo con le barbie, e ad un tratto non ne potevo più e le frullavo sotto il letto.
La domenica uscivo di testa, perché non c'era scuola e tutti i miei amichetti dormivano fino a tardi. Anzi, non è vero che dormivano, erano i genitori che li tenevano in ostaggio a letto.
Anche dopo pranzo, non si poteva giocare prima di una certa ora perché alcuni genitori avevano questa assurda convinzione che i loro figli dovessero necessariamente farsi una pennica dopo pranzo.
Quindi, fondamentalmente, dovevo sempre aspettare le 4 o le 5 per uscire sotto casa, e mi rompevo nell'attesa, e rompevo chi mi stava intorno, tipo mia madre, che cercava in tutti i modi di aiutarmi a trovare qualcosa di divertente da fare per ammazzare il tempo.
Ma non c'era niente da fare: finivo i compiti e arrivava, puntuale, la noia.

Anche oggi è lo stesso. Non riesco a stare senza qualcosa da fare, che sia lavoro, divertimento o altro.
La notte mi deprimo se non riesco a dormire appena metto piede a letto, perché non so mai che cazzo fare mentre me ne sto al buio sotto le coperte. E allora guardo l'ora, penso a ciò che devo fare il giorno dopo, e poi penso a quello che ho fatto il giorno prima, a quello che avrei potuto fare ma che non ho fatto e a quello che avrei fatto bene a non fare ma che, malauguratamente, ho fatto.

Se sono in fila al supermercato non so come comportarmi, mi innervosisco e vorrei saltare al collo della stronza cassiera che non chiama aiuto e fa finta di non vedere la coda di clienti che comincia al reparto frutta e verdura.

Insomma, io mi scasso da una vita.

Secondo me la vita è quello che ti succede nei rari momenti in cui non ti rompi le palle.